In passato, ex attori sono diventati Presidenti degli Stati Uniti (Ronald Reagan). Oggi, invece, ci si limita a summit che hanno come sede ex set cinematografici (Villa Filoli, situata a 40km circa a sud di San Francisco, famosa per essere stata la location dove era girato Dynasty). Al di là della sede, fuori dagli schemi “istituzionali”, l’incontro tra Biden e Xi Jinping assume un’importanza rilevante, ponendo una “tregua” ad un periodo in cui i rapporti tra le due principali potenze economiche (e militari) al mondo avevano mostrato segni di insofferenza reciproca (con sullo sfondo Taiwan a complicare ulteriormente il quadro). L’incontro potrebbe rappresentare l’inizio di nuova fase, con la condivisione di obiettivi comuni (vd il clima) e collaborazioni che potrebbero favorire opportunità sul fronte economico.
Ben sappiamo, guardando alla storia attuale, quanto le tensioni geopolitiche possano essere fonte di ulteriori peggioramenti da un punto di vista economiche. In un momento in cui il mondo sembra vicino ad una svolta, un riavvicinamento tra le 2 potenze non potrebbe che favorire la crescita. Mentre gli USA, seppur con saltuari “patemi d’animo”, sembrano ben avviati verso il superamento della non semplice congiuntura economica, la Cina è ancora alle prese con una crisi che, iniziata con il Covid, ha difficoltà ad essere accantonata. Tante sono le problematiche che Pechino si trova ad affrontare: alcune assolutamente nuove per la storia del Paese (vd invecchiamento demografico), altre dettate dal desiderio di dimostrare al mondo che la povertà è stata definitivamente sconfitta (vd uno sviluppo immobiliare quasi sconsiderato, che oggi pesa drammaticamente sulla crescita), altre ancora derivate dalla “chiusura per Covid” che ha “tagliato i ponti” con il resto del mondo, portando molte aziende straniere che avevano “delocalizzato” la loro produzione a “riportare a casa” (reshoring) i cicli produttivi. La sintesi è che oggi il raggiungimento di un livello di crescita del 5%, considerato fondamentale per la stabilità finanziaria del Paese, non è così scontato. Da qui, molto probabilmente, i segnali di apertura da parte del Presidente cinese, che trova terreno fertile in un Presidente americano ansioso di dimostrare al proprio Paese (ma anche al mondo) di meritarsi, tra un anno, la “reinvestitura”.
Una rinnovata collaborazione tra i 2 colossi non potrà che avere conseguenze positive per il mondo intero, favorendo la ripresa degli scambi commerciali a livello globale, non ancora tornati ai livelli pre-covid.
A beneficiarne, per quanto in questo momento ricopra il ruolo di “spettatrice”, sarà in tutta evidenza anche l’Europa, la cui crescita, allo stato attuale, procede a rilento.
Proprio ieri la UE ha reso noto le proprie stime, riviste nuovamente al ribasso: la Commissione Europea prevede, per il 2023, una crescita dello 0,6%, vale a dire lo 0,2% in meno rispetto alle ultime previsioni. Anche il 2024 non dovrebbe confermarsi un anno brillante, con una crescita UE pari all’1,3% (- 0,1% rispetto alle attese di questa estate). Per noi si prevede un + 0,9%, meno, quindi, della media UE, ma più di quanto riuscirà a fare la Germania (+ 0,8%, che però parte dal – 0,3% di quest’anno).
Per quanto riguarda il nostro Paese, a “tenere sulle spine” è, ancora una volta, il debito pubblico. A preoccupare non è solo il suo ammontare (ormai siamo prossimi a € 3.000 MD), ma anche la nostra incapacità di ridurlo. Anzi, secondo la Commissione Europea, dovrebbe addirittura salire, passando dall’attuale 139,8% del PIL al 140,6% l’anno prossimo e al 140,9 quello successivo. Si capisce, quindi, il “sollievo” procurato dall’apprendere che l’inflazione a ottobre è scesa, ovunque (vd i dati di ieri della Gran Bretagna), oltre le previsioni (quella “tendenziale”, negli USA, si aggira intorno al 2,4%). il ragionamento è semplice: con livelli simili, sarebbe follia, da parte delle Banche Centrali, premere ancora sull’acceleratore del rigore monetario. Tassi, quindi, che per la maggioranza degli analisti, oramai hanno raggiunto il picco (pivot): per qualche mese sono destinati a rimanere su questi livelli, per evitare che l’inflazione rialzi la testa, ma tra qualche mese (maggio?) si potrebbe cominciare ad allentare la presa, con il “costo medio” del debito destinato a scendere (anche se quello assoluto, visto il persistente livello, crescerà ulteriormente, avvicinandosi alle “colonne d’Ercole” dei 100MD per anno.
Ieri giornata di consolidamento per i mercati sviluppati, con Wall Street poco sopra la parità (Nasdaq + 0,03%, Dow Jones + 0,47%, S&P 500 + 0,16%).
Prese di beneficio, questa mattina, sui mercati asiatici: a Tokyo, Nikkei a – 0,28%, mentre Shanghai arretra dello 0,71%.
Più marcato il calo di Hong Kong, con l’Hang Seng che cede l’1,34%.
In crescita, a Seul, il Kospi (+ 0,3%), mentrearretra (– 0,5%) la borsa di Sidney.
Futures intorno alla parità, frazionalmente deboli negli USA, appena positivi in Europa.
Petrolio nuovamente in discesa, con il WTI a $ 76,31 (- 0,56%).
Gas naturale Usa $ 3,222 (+ 0,82%).
Oro $ 1.969,70 (+ 0,18%).
Spread ancora giù, a 178 bp, con il BTP al 4,43%.
Bund tedesco 2,64%.
Treasury USA 4,49%.
€/$ 1,0838, con il biglietto verde in leggero rafforzamento.
Fa “capolino” verso quota $ 38.000 il bitcoin, anche se questa mattina è in leggero arretramento ($ 37.506, – 1,00%).
Ps: è sempre più “Sinnermania”. Ormai si sprecano i confronti con altri sportivi italiani “famosi nel mondo”, tra i più vincitori di sempre, da Alberto Tomba a Valentino Rossi. Campioni, anche loro, in “giovane età” (Sinner ha 22 anni). Ma che, probabilmente, in una cosa rimarranno inarrivabili: nella loro capacità di essere “contagiosi”, con un’allegria che, ogni tanto, diventava “leggera follia”, che li ha portati ad essere simpatici a tutti, avvicinandoli ancor di più alla gente. Comunque, ovviamente, forza Jannik!